Chiesa Sant'Agostino

Chiesa Sant'Agostino di Naro

Secondo alcuni storici, tra cui Rocco Pirro, Fra Salvatore, e Vito Amico, la fondazione del convento di Sant'Agostino risale al VI secolo, quando alcuni eremiti della regola di Sant'Agostino, creata da Fulgenzio, Vescovo di Rugge, per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali provenienti dalla vicina Africa, sbarcarono in Sicilia.
Alcuni di loro trovarono rifugio a Siracusa, mentre altri si stabilirono a Naro, fuori dall'abitato, nelle grotte del colle chiamato "romito", dove costruirono una piccola chiesa, nota come "chiesa del romito" .
Accanto a questa chiesa, successivamente, costruirono un modesto convento, dove rimasero fino all'invasione saracena. Si ritiene che San Eustachio da Naro, eremita vissuto intorno al 627, abbia dimorato in questo primo convento, professando la regola di Sant'Agostino insieme ad alcuni frati. Pertanto, il nome "romito" ha persistito a lungo, come attestato da Fra Saverio .
Dopo essere stati scacciati dai Musulmani, tornarono a Naro nel 1086 grazie al Conte Ruggero e si insediarono in un luogo più comodo e vicino all'abitato.
Nel 1117, abbandonarono quel sito e costruirono la loro terza residenza, di dimensioni più modeste, nel luogo dove attualmente sorge la Chiesa, con ciò che resta dell'antico convento. Il complesso fu ampliato nel 1254 e nel 1617.
Ulteriori lavori di abbellimento e ampliamento al convento furono eseguiti nel Seicento e nel Settecento. Nel convento, al centro del chiostro, sorgeva una grande cisterna d'acqua.
Alcuni anni fa, parte del convento è stata demolita per fare spazio a una costruzione moderna incompiuta.
Dell'antica costruzione conventuale, oggi rimangono solo alcuni resti, tra cui una bifora. Tuttavia, il pezzo più interessante è il pregevole portale dell'atrio, incorporato nella sagrestia, che insieme alla predetta bifora apparteneva probabilmente alla sala del refettorio del convento e conduceva al vecchio chiostro.
La decorazione di questo portale è particolarmente raffinata, con un arco a sesto acuto e colonnine di ordine corinzio, di grande effetto e attribuibile a maestranze locali del '300, ancora lontane dallo stile chiaramontano che avrebbe influenzato tutto il secolo successivo e che è presente in altri edifici medievali della città.
Una porta settecentesca in noce, con episodi della vita di Sant'Agostino incisi nei pannelli, completa il portale, creando un effetto di grande impatto. Nell'antisagrestia sono presenti molte opere d'arte, tra cui una stampa con l'albero genealogico dell'Ordine Agostiniano, realizzata dall'incisore piacentino Oliviero Gatti, che si ispira al manierismo emiliano. Inoltre, c'è una porta dipinta da Provenzani, autore anche dei sei tondi con la Madonna del Soccorso e i Santi (nell'antisagrestia).
Tra i numerosi ritratti dei priori, si possono ancora ammirare i nove realizzati dal Provenzani, oltre a un ricco "Cascerizzo" settecentesco (1796), opera di Giacinto, Raimondo, e Paolo Caci, e un elegante lavabo in marmo policromo fine Settecento con influenze neoclassiche.
Tuttavia, l'opera più pregevole è la tela con "San Girolamo in meditazione" di Provenzani, considerata unanimemente la massima espressione della sua arte e tra le opere più alte della pittura siciliana del Settecento.
Nell'antisagrestia è conservato il monumento funerario barocco del notaio Don Lorenzo Favara (1692), ancora legato al gusto manieristico.
La chiesa, progettata da Francesco Querni, fu iniziata nel 1707 ma rimase incompiuta. Fu completata con l'aggiunta del secondo ordine del prospetto, che richiama a grandi linee quello della basilica romana di San Giovanni in Laterano, nel 1815 per opera di Don Felice Vinci, originario di Palma di Montechiaro, capostipite di una grande famiglia di artisti di multiforme ingegno. La chiesa fu ornata con una balaustra e statue scolpite da Don Calogero Vinci da Naro, figlio di Don Felice.
La chiesa è a croce latina con cupola e coro semicircolare, mentre le navate laterali sono più basse e coperte da volte a crociera.
L'interno è ricco di opere d'arte, tra cui spiccano un crocifisso ligneo del 1535, la statua lignea di San Francesco di Paola, pregevole opera di Nicolò Bagnasco, un'acquasantiera marmorea di gusto rinascimentale-gaginesco, un pulpito ligneo di fine Cinquecento con la scultura della conversione di San Paolo al centro, il manieristico sarcofago di Francesco Alacchi (1606) e il monumentale organo costruito nel 1770 dall'agrigentino Gaspare Di Franco.
Nel presbitero è presente un notevole coro ligneo tardo-settecentesco a due file, opera di maestranze locali, e due dipinti: l'Estasi di Sant'Agostino e la Madonna con il Bambino e i Santi Agostino e Scolastica, attribuiti alla scuola del Provenzani.
Di notevole valore sono anche i dipinti: la Madonna della Consolazione, Sant'Agostino, San Tommaso di Villanova, San Giovanni da S. Facondo, San Guglielmo e San Nicolò da Tolentino.
Tra le opere di interesse vi sono il transito di San Giuseppe dell'agrigentino Michele Narbone, la Samaritana al pozzo e la fuga in Egitto, considerate fra le più rappresentative del Settecento locale.
Sotto la chiesa si trova la cripta, realizzata per la sepoltura dei frati dall'architetto Fra Girolamo Agostino De Cremissa, dell'ordine agostiniano, come attesta una lapide apposta nella stessa cripta da P. Prospero Favara.
Fino al 1891, la cripta funse da cimitero, e nel 1900 tutte le ossa furono raccolte e poste in un ossario. La cripta, suddivisa in navate, contiene al centro alcuni caduti delle guerre mondiali e delle campagne d'Africa.
Nelle navate laterali sono presenti nicchie vuote, in cui venivano collocati i monaci per l'imbalsamazione dopo la loro morte.